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Tra Passato e Presente: Forlì celebra la riapertura della Rocca di Caterina Sforza


Un pezzo di storia torna a risplendere a Forlì con la riapertura della maestosa Rocca di Ravaldino. 

Dopo anni di chiusura, il 13 aprile prossimo segnerĂ  un momento memorabile per la cittĂ  grazie a un ambizioso progetto di restauro conservativo .

L'iniziativa, promossa dal Comune di Forlì, ha reso possibile non solo la riapertura della Rocca, ma anche l'organizzazione di una giornata speciale dedicata alla storia, all'animazione e alle rievocazioni storiche. A curare gli eventi saranno le tre associazioni culturali locali: Famaleonis, Drago Scuro e Rosa dei Venti.

La Rocca di Ravaldino, conosciuta anche come "Rocca di Caterina Sforza", si prepara così ad accogliere i visitatori in un'atmosfera di festa e intrattenimento, offrendo loro l'opportunità di immergersi nel passato e rivivere le gesta dei personaggi che hanno animato la sua storia.

L'intervento di restauro non solo restituirà alla città uno dei suoi monumenti più significativi, ma rappresenterà anche un momento di celebrazione della cultura e della tradizione locale. Sarà un'occasione imperdibile per i residenti e i visitatori di Forlì di esplorare la storia e l'arte che caratterizzano questa affascinante città emiliana.




Bona di Savoia e il destino di Caterina Sforza

 



Il 26 dicembre 1476, il Duca Galeazzo Maria Sforza muore assassinato nella Basilica di Santo Stefano Maggiore a Milano, a soli 33 anni. Il figlio, il giovane Gian Galeazzo Maria, di appena 7 anni, gli succede come sesto duca di Milano, posto sotto la tutela della madre Bona di Savoia, con il sostegno del potente consigliere ducale Cicco Simonetta. Nonostante la tragedia, la politica milanese prosegue senza sosta. Il 29 gennaio, appena un mese dopo la morte del marito, Bona invia una lettera a Girolamo Riario confermando gli impegni presi da Galeazzo Maria per il matrimonio con la giovane Caterina Sforza e ratificando la dote promessa.

Di seguito il testo della missiva inviata, oggi conservata a Milano presso l'Archivio di Stato (Registro Ducale n. 133)

“Benche la fortuna habia facto contro de noi grandissimo impeto. Nondimanco la divina misericordia ne ha talmente conservati che de le cose nostre ne possemo reposare el damno ad voj Insieme con noy e stato commune. Et così sera comune ancora omne nostri bene perche ve haveremo sempre non solamente per bon genero et parente. Ma ancora per fiolo et fratello la magnifica vostra Consorte et la dote e ad vostra requesta et arbitrio como piĂą ad pieno. Intendera dal venerabile Arcepreyte da Varcio el quale ve recoman damo .
Datum Mediolani 
die XXVIIII Januarii 1477 
Per Antignanum
CICHUS”

Di seguito una trascrizione quasi letterale:

“Nonostante la fortuna ci abbia colpito duramente, la divina misericordia ci ha preservato in modo che possiamo riporre le nostre speranze nei nostri affari. La nostra perdita è stata condivisa insieme, e così saranno condivisi tutti i nostri beni, poichĂ© li avremo sempre non solo per un buon genero e parente, ma anche per un figlio e un fratello nella magnifica vostra consorte. La dote è a vostra disposizione secondo la vostra richiesta e discrezione, come potrete piĂą pienamente intendere da Monsignore Arceprete da Varzi, a cui vi raccomandiamo.
Milano, il 29 gennaio 1477. 
Per Antignano 
Cicco.”

Il monsignore a cui Bona di Savoia fa riferimento come garante delle sue affermazioni potrebbe essere Giovanni Antonio da Busseto, arciprete di S. Germano di Varzi. Egli ricopriva importanti ruoli ecclesiastici, essendo protonotaio apostolico, collettore e commissario della camera apostolica milanese, nonché un potente referente pontificio in Lombardia.


Ricerca Storica e Articolo di Eugenio Larosa https://www.enionline.it/




Experimenti di Caterina Sforza un ricettario del rinascimento italiano

 


Autore: Eugenio Larosa

In un manoscritto intitolato Experimenti, Caterina Sforza (1463–1509), reggente di Forlì e Imola in Romagna, raccoglie oltre quattrocento ricette o meglio prescrizioni di rimedi medicinali, cosmetici e procedure alchemiche redatte nel corso della sua vita. 

Ammirata dai contemporanei per la sua leadership politica e il coraggio, immortalata in opere del XVI secolo, Caterina Sforza, come molte nobildonne dell'Europa della prima etĂ  moderna, aveva un vivo interesse per gli esperimenti scientifici.

“Gli Experimenti” è stato considerato un "testo fondamentale nella storia della farmacologia", per non parlare di quello dell'alchimia, offrendo un prezioso approfondimento su un aspetto poco studiato di questa importante figura rinascimentale.

Gli esperimenti includono istruzioni non solo per trattamenti di bellezza come lozioni e tinture per capelli o per creare colori per labbra ma anche per il trattamento di disturbi che vanno da febbre, tosse e vermi intestinali a epilessia e cancro.
Ovviamente come tanti testi di alchimia contiene la ricetta piĂą esoterica e piĂą preziosa di tutte, quella per produrre la pietra filosofale trasmutatoria e la quintessenza: l'elisir pensato per curare tutte le malattie, proteggere dalle malattie e prolungare la giovinezza (forse indefinitamente).

La raccolta e la circolazione di conoscenze mediche e alchimiche rivolte ai bisogni e alle esigenze della vita quotidiana, erano nel XVI secolo un passatempo comune per le donne così come per gli uomini. Gli archivi italiani abbondano di tali raccolte: solo il Fondo Magliabechiano di Firenze contiene dozzine di tali opere.

In queste raccolte, le ricette di acque, oli e lozioni di bellezza sono spesso attribuite a note nobildonne per suscitare l'interesse, in particolare, delle lettrici, e sottolineare la loro valore e autenticitĂ . 
Un Ricettario del XVI secolo attribuisce distillazioni di rose e limoni a Elisabetta Gonzaga (1471–1526), duchessa di Urbino, e ricette alchemiche a base di mercurio e allume a Isabella d'Aragona (1470–1524), figlia di Alfonso II di Napoli; mentre un anonimo manoscritto fiorentino dello stesso periodo descrive una lozione per le mani a base di osso polverizzato e una delicata polvere di rose che si dice abbia avuto origine da Ippolita Sforza di Calabria (1446–1484).

Il fitto scambio di missive tra Caterina e il suo farmacista di Forlì, insieme ad altre a lei indirizzate che forniscono o chiedono assistenza per ricette alchimiche, medicinali e cosmetiche, confermano che Caterina raccoglieva direttamente le prescrizioni contenute nel suo ricettario e,  vista la datazione di alcune lettere, sostengono l'ipotesi che abbia continuato nella raccolta di ricette fino alla sua morte nel 1509.

La raccolta di ricette non era solo un'attivitĂ  testuale; al contrario, ha trovato espressione nella pratica quotidiana sia delle donne che degli uomini e in una varietĂ  di contesti intellettuali. 

Come gli uomini, le donne cercavano “segreti” medicinali, alchimici e, soprattutto, cosmetici, sperimentandoli negli spazi di corte, dove potevano essere usati per stabilire status e reciprocitĂ  tra le reti aristocratiche; e in contesti domestici, dove servivano i bisogni della famiglia e della famiglia. 

Questa preziosa conoscenza ha funzionato come una forma di valuta, uno strumento attraverso il quale stabilire una posizione sociale e intellettuale e un mezzo per cementare reti di comunicazione con collezionisti che la pensano allo stesso modo oltre i confini di genere e geografici. 

I principi patrocinavano scienziati e alchimisti che fornivano idee nuove e preziose che potevano avvantaggiare o accrescere il loro potere. 

Gli Experimenti dimostrano l'interesse dello Sforza per le nuove tecnologie e tecniche scientifiche come strumento per plasmare e mantenere il potere politico (producendo oro alchemico, monete contraffatte e persino veleni e loro antidoti); ma anche che il suo impegno con la scienza aveva una componente personale e familiare (invio e reciprocitĂ  di doni, cura della salute e dell'igiene, gestione della casa). 

Rivolte a scopi sia politici che personali, le ricette di Caterina sono accumulate da un amalgama di fonti dotte e popolari; e da uomini e donne di diversa condizione sociale, inclusi re, nobildonne, cortigiani, monache ed ebrei. 

Caterina Sforza e il falso storico del Machiavelli



Autore: Eugenio Larosa

Caterina Sforza alla morte del marito, Girolamo Riario, dopo aver ingannato i congiurati, riparatasi presso la Rocca di Ravaldino risponde alle minacce di uccidere i figli in ostaggio alzando la gonna (che poi sarebbe una gamurra) per mostrare le pudenda urlando cose tipo “lo stampo per rifare figli ce l’ho qui”.

Da studioso del periodo e forlivese ogni volta che sento raccontare questa storiella mi si contorce lo stomaco, ma lasciamo stare le considerazioni personali, partiamo e parliamo solo dei documenti.

Leggi tutto l'articolo all'indirizzo :
https://www.famaleonis.com/caterinasforza-machiavelli-falsostorico.asp


Il Principe e la Tigre di Forlì


Articolo di UMBERTO PASQUI - pubblicato su FORLITODAY - link 

Un'estate intensa, quella del 1499, che vide faccia a faccia Caterina Sforza e Niccolò Machiavelli. Come andò l'incontro?

Un trentenne di Firenze, noto col nome di Niccolò Machiavelli, nell'estate del 1499 fu ospite di Caterina Sforza nel Paradiso, la sontuosa dimora della Tigre di Forlì collocata all'interno della cittadella fortificata di Ravaldino. Arrivò il 16 luglio davanti alla contessa ormai ai suoi ultimi mesi forlivesi. Lo scopo della missione era rinnovare l'alleanza con Firenze e ottenere uomini e munizioni per la guerra pisana. Caterina sarebbe morta a Firenze dieci anni dopo ma in quell'estate ancora teneva salde le redini della città di Livio. Per poco, perché con l'inverno sarebbe arrivato il ciclone Borgia. Fu, questa, una delle prime ambasciate dell'autore de "Il Principe", ma non gli riuscì particolarmente proficua. Infatti, la signora lo congedò tra vaghe promesse: era già dura sostenere lo zio nella difesa del ducato milanese contro le mire di Luigi XII. Machiavelli stesso non era tanto convinto dell'efficacia delle fortificazioni di Ravaldino che tuttavia resistettero fino al 12 gennaio 1500, giorno in cui la rocca fu espugnata dal Duca Valentino e la Signora iniziò il suo esilio che la portò a Firenze.

Certo che passeggiare in questi giorni nei giardini della Rocca non è molto confortante: transenne, lavori in corso, manufatti scarsamente utilizzati e poco valorizzati, una fontana secca "decorata" con una margherita abusiva. Eppure lì era il Paradiso, il palazzo di Caterina che il tempo ha nascosto nella nebbia dell'oblio. Francesca Riario Sforza (discendente della Tigre di Forlì), nel romanzo "Io, Caterina" (Editrice Nord, 2016), così descrive l'evento: "Anche se si trattava soltanto di discutere con una donna, l'incontro con quella signora era il suo primo convegno ufficiale ed era l'inizio di un progetto personale più ampio". A Forlì, quindi, il fiorentino iniziò la sua carriera diplomatica. Inoltre: "I due battenti sopportavano tranquillamente tre grandi stemmi: il biscione degli Sforza, enorme, al centro; la rosa dei Riario a sinistra; le sei palle dei Medici a destra. Questa era l'entrata del Paradiso" tanto che "l'impatto fu proprio quello di un eden: sulla sinistra una vetrata policroma irradiava una luce colorata che faceva bene alla vista e al cuore. I disegni rappresentati non avevano niente a che vedere col divino, ma riportavano al Paradiso terrestre. Un empireo fatto di piante e paesaggi che avrebbero dato gioia a qualsiasi uomo". Non solo: "Le stanze che si susseguivano in una fuga erano affrescate da un tocco magistrale che poteva sembrare quello di Melozzo". Al di là della descrizione romanzesca, oggi di tanta ricchezza non rimane niente e quel po' che c'è potrebbe essere messo più in luce (e in sicurezza).

Machiavelli era partito a cavallo il mattino del 14 luglio accompagnato da un servo. Passò da Dicomano, San Godenzo, San Benedetto in Alpe e Rocca San Casciano. Nella serata del giorno successivo era a Castrocaro, ove alloggiò. Pur essendo un giovane uomo, amava poco cavalcare e preferiva procedere a tappe, così fu a Forlì il 16 luglio e venne ricevuto da Caterina Sforza alle 22, in una delle stanze del Paradiso. La Tigre di Forlì apparve algida e solo il giorno successivo la contessa, per così dire, si sciolse. In realtĂ , il secondo colloquio avvenne il giorno 19 e in questo caso fu molto piĂą accomodante anche se - sostanzialmente - silenziosa. Tanto che rimase dietro le quinte. Qualche giorno dopo, infatti, toccò ad Antonio Baldraccani, segretario della signora, chiedere scusa a Machiavelli della scarsa affabilitĂ  di Caterina, in quanto preoccupata per la salute del figlio Ludovico Giovanni de' Medici (cioè il futuro condottiero Giovanni dalle Bande Nere, allora di poco piĂą di un anno). Assicurata sarebbe stata comunque l'alleanza con Firenze benchĂ© Caterina pretendesse la difesa e la protezione del suo Stato (Forlì e Imola). In realtĂ  la Tigre, piĂą avanti, si negò del tutto, mandando avanti Baldraccani e specialmente Giovanni da Casale, cosa che indispettì Machiavelli. Il fiorentino ammirava Caterina: era un personaggio che lo aveva da sempre affascinato ed ora, dal vivo, appariva così evanescente. Eppure la Tigre di Forlì era come un idolo: un amico di Machiavelli gli aveva chiesto di portargli un ritratto di lei. Di quei patti di cui dovevano trattare rimasero lettere e vaghe promesse. Così, partito il 28 luglio, fece ritorno a Firenze il 1° agosto, deluso dall'incontro che tuttavia gli aveva fruttato 19 fiorini d'oro. Il giovane Machiavelli, però, non poteva sapere che la discendenza di Caterina avrebbe generato il Granducato di Toscana. Di lì a poco, il nipote Cosimo, figlio del piccolo Giovanni dalle Bande Nere, sarebbe diventato il primo Granduca di Toscana.



L' Autore : Umberto Pasqui
Vi racconto la storia del "Foro di Livio". Insegno, ma sono anche giornalista. Sono dottore in Giurisprudenza ma anche in Scienze religiose. Osservatore curioso, sono appassionato di storia locale e di musica del Settecento. Ho il vizio di scrivere e pubblicare (con discrezione) saggi, manuali, racconti. Mi occupo anche di birra, ma questa è un'altra storia.
http://birrapasqui.blogspot.it/

Qual era il vero aspetto della “LEONESSA DI ROMAGNA” ?


Autore : Marco Viroli

Le immagini di Caterina Sforza riportate sulle monete bronzee conservate nei musei di Londra e Firenze, unitamente a uno schizzo coevo, disegnato dal religioso e letterato Giacomo Filippo Foresti, sono le uniche testimonianze di come apparisse realmente il volto della signora di Forlì e Imola. Tutti gli altri ritratti derivarono da descrizioni e interpretazioni oppure furono realizzati dopo la sua morte. Caterina lasciò la vita terrena il 28 maggio 1509, all’etĂ  di quarantasei anni. Aveva «pelle di velluto e tutti i capelli bianchi». Il suo fisico era fiaccato da una vita vissuta intensamente, dalle numerose gravidanze, dalla malaria che la affliggeva sin da giovane e dai lunghi mesi in cui i Borgia l’avevano costretta in prigionia nelle umide e malsane galere di Castel Sant’Angelo.

Come confermano alcuni scrittori rinascimentali, la Sforza superò per fama e fascino ogni altra donna del suo tempo. Il fatto che non abbia lasciato ritratti ci spinge a ipotizzare che potesse non amare particolarmente la propria immagine. Le cronache del tempo ci consentono, però, di desumere quelli che furono i tratti fisiognomici salienti della “leonessa”. Aveva capelli ondulati che pare tenesse solitamente raccolti dietro il capo. Non sappiamo se fosse bionda e pallida di carnagione o se aspirasse piuttosto a esserlo facendo ricorso a creme e a “rimedi” che lei stessa sperimentava e che in gran parte ci ha tramandato trascritti in un prezioso volume. Donna di alta statura e dal seno prorompente, aveva occhi grandi, un naso importante e leggermente adunco, tipico dei Romagnoli e per questo anche degli Sforza, le cui origini provenivano da Muzio Attendolo, partito giovane da Cotignola per cercar fortuna sui campi di battaglia della penisola.

Caterina era di carattere autoritario, terribile, vendicativo, era spietata con nemici e traditori; rapida nel ragionamento, sincera nella parola, madre premurosa e affettuosa, fu governante saggia e giusta, istruita ma non accademica, sempre desiderosa di apprendere, curiosa di scoprire i segreti della natura, dell’essere umano e del mondo. 

Universalmente considerata bella perchĂ© rispecchiava i canoni estetici dell’epoca, fu con il carisma, l’astuzia, la cultura, la lungimiranza, la determinazione, la passione per le arti, compresa l’”arte della guerra”, in una parola, fu con la sua “umanitĂ ” che emerse e realizzò in parte il progetto di un’unica Signoria in Romagna. Con le proprie azioni si collocò aldilĂ  del bene e del male. Fu soprattutto una donna che anticipò i tempi e che, ancor oggi, correrebbe il rischio di non essere compresa fino in fondo per la sua modernitĂ . 

La “Leonessa di Romagna” permane radicata nella locale memoria collettiva, un vero e proprio patrimonio comune e condiviso, come dimostrano gli innumerevoli articoli e le pubblicazioni sulla sua vita, tra cui Caterina Sforza. Leonessa di Romagna («Il Ponte Vecchio», Cesena 2008) di Marco Viroli (coautore di questo libro), e le numerosissime iniziative e manifestazioni che a lei vengono dedicate e che continuano ad attirare studiosi e anche curiosi, conseguendo successo e consensi.


L'Autore Marco Viroli
Scrittore, giornalista pubblicista e copywriter, è nato a Forlì nel 1961. Laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione eventi (mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc.) per conto di imprese ed enti pubblici... (vai alla sua biografia

15 Luglio 1481 Caterina Sforza e Girolamo Riario arrivano a Forlì


Autore: Eugenio Larosa


Il 15 luglio 1481 Antonio Appiani fidato oratore sforzesco invia una missiva al duca di Milano per descrivere l’entrata di Girolamo Riario e di Caterina in Forlì.

"….Per questa avisarò summarie come è intrato hogi lo illustre conte Hieronimo in Forlì, cum la illustre madama sua mogliera.

Sua signoria venne appreso la terra circha un miglio, et li era facta una fraschata sotto la quale dimorò un pezzo per aspectare l’homini de la terra che andasseno fora como era ordinato. Così fu exequito.

Primo andarono de fora tutti li artefici a duj a duj, et ciaschuna arte portava li suoi confaloni.
Quatto confaloneri de la terra, cum le sue bandere a duj a duj.
Tutti li cittadini a duj a duj.
Li antiani cum quatto bandere; et stando cusi, lo focho se apizò in un pallazo de la terra; qual cosa fece star suspeso un pocho la brigata; pur subbito fu ammortato.
Apresso uscirono fora cinque squadre de gendarme.
Fanti circa trecento et questi tutti facta la volta intorno la fraschata, ritornaro dentro ordinatamente como erano usciti fora, et poi dreto a loro mulli 24 da carriaggi cum coperte rechamate.
Regazi circha 20 cum li cavalli belli, bene forniti de selle de veluto et parechie sopraveste.
Scuderi circha 40 bene vestiti et cum li cavalli ben forniti de selle de veluto.

Compagni de prefato conte.
Prefato signore conte cum staffieri circha 25.
La illustre madama cum le sue dame.
Gentilhomeni, Capellani, medici, secretarij cum circha cavalli 20.
Ballestrieri circha 40 a cavallo.

In la citĂ  erano facte certe representatione cum damiselle sulle carre che cantavano.

Prefati signori andarono in piaza, poi smontarono al domo, et tolta la indulgentia, ritornarono per la piazia, al pallazo, et nel smontare de prefato signore colui che gli portò la chiave de la terra volse tore el cavallo, furono tagliati li staffili, tolte le staffe, et facta certa rissa, tantodem quello dale chiave obtene il cavallo ma fu ferito…."

Faventie XV Julii 1481.
Milano, Archivio di Stato, Potenze estere. Forlì

Forlivio 1482



In occasione della commemorazione dei 500 anni dalla morte di Caterina Sforza, l’Associazione Culturale “Famaleonis”, si propone di realizzare un allestimento degli ambienti interni ed esterni alla Rocca di Ravaldino (Forlì), con visite guidate riservate al pubblico di ogni etĂ .

Scopo dell’evento è quello di ridar vita all'antica fortificazione ed agli spazi di sua pertinenza, cercando di ricostruire, per quanto possibile, uno spaccato quotidiano di un periodo storico puntuale: il 1482.
Gli interni saranno allestiti su entrambi i piani, cercando di suddividere gli spazi in maniera coerente e realistica rispetto alle ricerche storiche effettuate dalla “Famaleonis”. Ovviamente si dovrĂ  necessariamente cedere ad alcune piccole “forzature”, da un lato dettate dall'esigenza di creare un percorso per i visitatori quanto piĂą possibile funzionale e stimolante,  dall'altro dovuto allo stato di conservazione della Rocca che, per quanto ottimo, ha perduto nei suoi interni diversi tratti distintivi dell’epoca quattrocentesca.



La porzione inferiore della Rocca sarĂ  riservata alla ricostruzione della vita militare dell’epoca, prevedendo la presenza del corpo di guardia e degli alloggi dei soldati, completi degli equipaggiamenti e degli arredi necessari allo svolgimento delle loro funzioni.
Gli ambienti superiori, invece, saranno dedicati a contesti di tipo civile, senza comunque perdere di vista le funzioni prettamente militari della Rocca: vi saranno infatti gli alloggi del Castellano, suddivisi in anticamera/stanza da pranzo, studiolo e, per finire, camera da letto.
La parte interna della corte all'aperto ospiterĂ  la ricostruzione di una cucina da campo del ‘400 e sarĂ  luogo delle attivitĂ  militari della guarnigione.

All'interno delle diverse stanze si muoveranno i ricostruttori storici, i quali assolveranno alle funzioni ed agli incarichi delle diverse figure rappresentate. Teniamo particolarmente a sottolineare che ciò non originerĂ  da un’interpretazione di tipo teatrale, bensì da uno studio accurato del periodo in oggetto, con la finalitĂ  di riproporre nella maniera piĂą reale e fedele possibile l’ambientazione e l’atmosfera dei tempi di Caterina Sforza.
Nel corso dell’evento saranno organizzati turni di visita a cura della SocietĂ  Cooperativa “Tre Civette”, le cui guide si occuperanno di illustrare al pubblico gli ambienti allestiti, senza tuttavia interrompere le occupazioni dei ricostruttori. Agevolando una totale full immersion nel reale vissuto quotidiano del tardo Quattrocento, grazie all'interazione con i membri e collaboratori della “Famaleonis”, adulti e bambini potranno sperimentare un’esperienza unica nel suo genere,  ricavando appassionanti informazioni sugli usi e costumi dell’epoca.



DURATA DELL’EVENTO
Per quanto la programmazione delle date sia ancora in corso di definizione con il Comune di Forlì, come periodo orientativo dell’evento si ritiene ottimale l'autunno, riservando un primo weekend all'inaugurazione (sabato piĂą domenica) e tre domeniche successive alle visite, con orario di apertura al pubblico continuativo dalle ore 10.00 alle ore 18.00

LO STATO DEI LAVORI
Il progetto è stato presentato dal referente della “Famaleonis” al COMUNE DI FORLI': allo stato attuale, si è in attesa di una risposta in merito alla fattibilitĂ  dell’evento ed auspicabilmente al supporto economico necessario per la sua realizzazione.
Siamo aperti ad ogni tipo di collaborazione con altri ENTI PUBBLICI e/o PRIVATI, al fine di  reperire ulteriori fondi e garantire così un reale decollo delle iniziative piĂą sopra descritte.

Caterina Sforza la medaglia commemorativa



1509-2009 - La Medaglia commemorativa di Caterina Sforza

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