Bona di Savoia e il destino di Caterina Sforza

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Il 26 dicembre 1476, il Duca Galeazzo Maria Sforza muore assassinato nella Basilica di Santo Stefano Maggiore a Milano, a soli 33 anni. Il figlio, il giovane Gian Galeazzo Maria, di appena 7 anni, gli succede come sesto duca di Milano, posto sotto la tutela della madre Bona di Savoia, con il sostegno del potente consigliere ducale Cicco Simonetta. Nonostante la tragedia, la politica milanese prosegue senza sosta. Il 29 gennaio, appena un mese dopo la morte del marito, Bona invia una lettera a Girolamo Riario confermando gli impegni presi da Galeazzo Maria per il matrimonio con la giovane Caterina Sforza e ratificando la dote promessa.

Di seguito il testo della missiva inviata, oggi conservata a Milano presso l'Archivio di Stato (Registro Ducale n. 133)

“Benche la fortuna habia facto contro de noi grandissimo impeto. Nondimanco la divina misericordia ne ha talmente conservati che de le cose nostre ne possemo reposare el damno ad voj Insieme con noy e stato commune. Et così sera comune ancora omne nostri bene perche ve haveremo sempre non solamente per bon genero et parente. Ma ancora per fiolo et fratello la magnifica vostra Consorte et la dote e ad vostra requesta et arbitrio como più ad pieno. Intendera dal venerabile Arcepreyte da Varcio el quale ve recoman damo .
Datum Mediolani 
die XXVIIII Januarii 1477 
Per Antignanum
CICHUS”

Di seguito una trascrizione quasi letterale:

“Nonostante la fortuna ci abbia colpito duramente, la divina misericordia ci ha preservato in modo che possiamo riporre le nostre speranze nei nostri affari. La nostra perdita è stata condivisa insieme, e così saranno condivisi tutti i nostri beni, poiché li avremo sempre non solo per un buon genero e parente, ma anche per un figlio e un fratello nella magnifica vostra consorte. La dote è a vostra disposizione secondo la vostra richiesta e discrezione, come potrete più pienamente intendere da Monsignore Arceprete da Varzi, a cui vi raccomandiamo.
Milano, il 29 gennaio 1477. 
Per Antignano 
Cicco.”

Il monsignore a cui Bona di Savoia fa riferimento come garante delle sue affermazioni potrebbe essere Giovanni Antonio da Busseto, arciprete di S. Germano di Varzi. Egli ricopriva importanti ruoli ecclesiastici, essendo protonotaio apostolico, collettore e commissario della camera apostolica milanese, nonché un potente referente pontificio in Lombardia.


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