Experimenti di Caterina Sforza un ricettario del rinascimento italiano
Autore: Eugenio Larosa
In un manoscritto intitolato Experimenti, Caterina Sforza (1463–1509), reggente di Forlì e Imola in Romagna, raccoglie oltre quattrocento ricette o meglio prescrizioni di rimedi medicinali, cosmetici e procedure alchemiche redatte nel corso della sua vita.
Ammirata dai contemporanei per la sua leadership politica e il coraggio, immortalata in opere del XVI secolo, Caterina Sforza, come molte nobildonne dell'Europa della prima età moderna, aveva un vivo interesse per gli esperimenti scientifici.
“Gli Experimenti” è stato considerato un "testo fondamentale nella storia della farmacologia", per non parlare di quello dell'alchimia, offrendo un prezioso approfondimento su un aspetto poco studiato di questa importante figura rinascimentale.
Gli esperimenti includono istruzioni non solo per trattamenti di bellezza come lozioni e tinture per capelli o per creare colori per labbra ma anche per il trattamento di disturbi che vanno da febbre, tosse e vermi intestinali a epilessia e cancro.
Ovviamente come tanti testi di alchimia contiene la ricetta più esoterica e più preziosa di tutte, quella per produrre la pietra filosofale trasmutatoria e la quintessenza: l'elisir pensato per curare tutte le malattie, proteggere dalle malattie e prolungare la giovinezza (forse indefinitamente).
La raccolta e la circolazione di conoscenze mediche e alchimiche rivolte ai bisogni e alle esigenze della vita quotidiana, erano nel XVI secolo un passatempo comune per le donne così come per gli uomini. Gli archivi italiani abbondano di tali raccolte: solo il Fondo Magliabechiano di Firenze contiene dozzine di tali opere.
In queste raccolte, le ricette di acque, oli e lozioni di bellezza sono spesso attribuite a note nobildonne per suscitare l'interesse, in particolare, delle lettrici, e sottolineare la loro valore e autenticità.
Un Ricettario del XVI secolo attribuisce distillazioni di rose e limoni a Elisabetta Gonzaga (1471–1526), duchessa di Urbino, e ricette alchemiche a base di mercurio e allume a Isabella d'Aragona (1470–1524), figlia di Alfonso II di Napoli; mentre un anonimo manoscritto fiorentino dello stesso periodo descrive una lozione per le mani a base di osso polverizzato e una delicata polvere di rose che si dice abbia avuto origine da Ippolita Sforza di Calabria (1446–1484).
Il fitto scambio di missive tra Caterina e il suo farmacista di Forlì, insieme ad altre a lei indirizzate che forniscono o chiedono assistenza per ricette alchimiche, medicinali e cosmetiche, confermano che Caterina raccoglieva direttamente le prescrizioni contenute nel suo ricettario e, vista la datazione di alcune lettere, sostengono l'ipotesi che abbia continuato nella raccolta di ricette fino alla sua morte nel 1509.
La raccolta di ricette non era solo un'attività testuale; al contrario, ha trovato espressione nella pratica quotidiana sia delle donne che degli uomini e in una varietà di contesti intellettuali.
Come gli uomini, le donne cercavano “segreti” medicinali, alchimici e, soprattutto, cosmetici, sperimentandoli negli spazi di corte, dove potevano essere usati per stabilire status e reciprocità tra le reti aristocratiche; e in contesti domestici, dove servivano i bisogni della famiglia e della famiglia.
Questa preziosa conoscenza ha funzionato come una forma di valuta, uno strumento attraverso il quale stabilire una posizione sociale e intellettuale e un mezzo per cementare reti di comunicazione con collezionisti che la pensano allo stesso modo oltre i confini di genere e geografici.
I principi patrocinavano scienziati e alchimisti che fornivano idee nuove e preziose che potevano avvantaggiare o accrescere il loro potere.
Gli Experimenti dimostrano l'interesse dello Sforza per le nuove tecnologie e tecniche scientifiche come strumento per plasmare e mantenere il potere politico (producendo oro alchemico, monete contraffatte e persino veleni e loro antidoti); ma anche che il suo impegno con la scienza aveva una componente personale e familiare (invio e reciprocità di doni, cura della salute e dell'igiene, gestione della casa).
Rivolte a scopi sia politici che personali, le ricette di Caterina sono accumulate da un amalgama di fonti dotte e popolari; e da uomini e donne di diversa condizione sociale, inclusi re, nobildonne, cortigiani, monache ed ebrei.