Il Principe e la Tigre di Forlì

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Articolo di UMBERTO PASQUI - pubblicato su FORLITODAY - link 

Un'estate intensa, quella del 1499, che vide faccia a faccia Caterina Sforza e Niccolò Machiavelli. Come andò l'incontro?

Un trentenne di Firenze, noto col nome di Niccolò Machiavelli, nell'estate del 1499 fu ospite di Caterina Sforza nel Paradiso, la sontuosa dimora della Tigre di Forlì collocata all'interno della cittadella fortificata di Ravaldino. Arrivò il 16 luglio davanti alla contessa ormai ai suoi ultimi mesi forlivesi. Lo scopo della missione era rinnovare l'alleanza con Firenze e ottenere uomini e munizioni per la guerra pisana. Caterina sarebbe morta a Firenze dieci anni dopo ma in quell'estate ancora teneva salde le redini della città di Livio. Per poco, perché con l'inverno sarebbe arrivato il ciclone Borgia. Fu, questa, una delle prime ambasciate dell'autore de "Il Principe", ma non gli riuscì particolarmente proficua. Infatti, la signora lo congedò tra vaghe promesse: era già dura sostenere lo zio nella difesa del ducato milanese contro le mire di Luigi XII. Machiavelli stesso non era tanto convinto dell'efficacia delle fortificazioni di Ravaldino che tuttavia resistettero fino al 12 gennaio 1500, giorno in cui la rocca fu espugnata dal Duca Valentino e la Signora iniziò il suo esilio che la portò a Firenze.

Certo che passeggiare in questi giorni nei giardini della Rocca non è molto confortante: transenne, lavori in corso, manufatti scarsamente utilizzati e poco valorizzati, una fontana secca "decorata" con una margherita abusiva. Eppure lì era il Paradiso, il palazzo di Caterina che il tempo ha nascosto nella nebbia dell'oblio. Francesca Riario Sforza (discendente della Tigre di Forlì), nel romanzo "Io, Caterina" (Editrice Nord, 2016), così descrive l'evento: "Anche se si trattava soltanto di discutere con una donna, l'incontro con quella signora era il suo primo convegno ufficiale ed era l'inizio di un progetto personale più ampio". A Forlì, quindi, il fiorentino iniziò la sua carriera diplomatica. Inoltre: "I due battenti sopportavano tranquillamente tre grandi stemmi: il biscione degli Sforza, enorme, al centro; la rosa dei Riario a sinistra; le sei palle dei Medici a destra. Questa era l'entrata del Paradiso" tanto che "l'impatto fu proprio quello di un eden: sulla sinistra una vetrata policroma irradiava una luce colorata che faceva bene alla vista e al cuore. I disegni rappresentati non avevano niente a che vedere col divino, ma riportavano al Paradiso terrestre. Un empireo fatto di piante e paesaggi che avrebbero dato gioia a qualsiasi uomo". Non solo: "Le stanze che si susseguivano in una fuga erano affrescate da un tocco magistrale che poteva sembrare quello di Melozzo". Al di là della descrizione romanzesca, oggi di tanta ricchezza non rimane niente e quel po' che c'è potrebbe essere messo più in luce (e in sicurezza).

Machiavelli era partito a cavallo il mattino del 14 luglio accompagnato da un servo. Passò da Dicomano, San Godenzo, San Benedetto in Alpe e Rocca San Casciano. Nella serata del giorno successivo era a Castrocaro, ove alloggiò. Pur essendo un giovane uomo, amava poco cavalcare e preferiva procedere a tappe, così fu a Forlì il 16 luglio e venne ricevuto da Caterina Sforza alle 22, in una delle stanze del Paradiso. La Tigre di Forlì apparve algida e solo il giorno successivo la contessa, per così dire, si sciolse. In realtà, il secondo colloquio avvenne il giorno 19 e in questo caso fu molto più accomodante anche se - sostanzialmente - silenziosa. Tanto che rimase dietro le quinte. Qualche giorno dopo, infatti, toccò ad Antonio Baldraccani, segretario della signora, chiedere scusa a Machiavelli della scarsa affabilità di Caterina, in quanto preoccupata per la salute del figlio Ludovico Giovanni de' Medici (cioè il futuro condottiero Giovanni dalle Bande Nere, allora di poco più di un anno). Assicurata sarebbe stata comunque l'alleanza con Firenze benché Caterina pretendesse la difesa e la protezione del suo Stato (Forlì e Imola). In realtà la Tigre, più avanti, si negò del tutto, mandando avanti Baldraccani e specialmente Giovanni da Casale, cosa che indispettì Machiavelli. Il fiorentino ammirava Caterina: era un personaggio che lo aveva da sempre affascinato ed ora, dal vivo, appariva così evanescente. Eppure la Tigre di Forlì era come un idolo: un amico di Machiavelli gli aveva chiesto di portargli un ritratto di lei. Di quei patti di cui dovevano trattare rimasero lettere e vaghe promesse. Così, partito il 28 luglio, fece ritorno a Firenze il 1° agosto, deluso dall'incontro che tuttavia gli aveva fruttato 19 fiorini d'oro. Il giovane Machiavelli, però, non poteva sapere che la discendenza di Caterina avrebbe generato il Granducato di Toscana. Di lì a poco, il nipote Cosimo, figlio del piccolo Giovanni dalle Bande Nere, sarebbe diventato il primo Granduca di Toscana.



L' Autore : Umberto Pasqui
Vi racconto la storia del "Foro di Livio". Insegno, ma sono anche giornalista. Sono dottore in Giurisprudenza ma anche in Scienze religiose. Osservatore curioso, sono appassionato di storia locale e di musica del Settecento. Ho il vizio di scrivere e pubblicare (con discrezione) saggi, manuali, racconti. Mi occupo anche di birra, ma questa è un'altra storia.
http://birrapasqui.blogspot.it/

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